Il bail-in è il meccanismo di salvataggio del sistema bancario in un Paese o di una banca dall'«interno». Si contrappone al bail-out, cioè il salvataggio dall'«esterno», da parte dello Stato. Nella crisi ormai pluriennale che attanaglia l'area euro, i primi interventi sono stati all'insegna del bailout: le prime banche sono state salvate, insomma, dagli Stati con i soldi dei contribuenti. Data l’enorme mole di soldi pubblici spesi per salvare le banche negli anni passati (gli aiuti in Germania ammontano a 238 miliardi, in Spagna a 52, in Irlanda a 42, in Austria a 28, in Belgio a 19, in Portogallo a 19), a livello internazionale si è deciso di evitare ulteriori esborsi da parte degli Stati. È nata così la normativa del bail-in: cioè del salvataggio interno. D’ora in avanti, in caso di dissesto di una banca, non saranno più gli Stati a pagare, ma gli investitori privati con un ordine ben preciso. Prima gli azionisti, poi (se il loro contributo non basta a colmare il buco di bilancio) gli obbligazionisti subordinati, poi (se non basta ancora) gli obbligazionisti senior. Solo in seguito possono essere intaccati i depositi, ma solo per le cifre eccedenti i 100mila euro. C’è però un limite: i privati sono chiamati a pagare fino a un massimo pari all’8% il totale passivo della banca. Poi entra in gioco il fondo di risoluzione alimentato dalle banche.
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